Entro il 31 dicembre 2018 l’Italia dovrà presentare alcuni rendiconti e documenti necessari per ottenere i fondi europei dei piani di programmazione 2014-2020, rispettando diversi target per poter assorbire le risorse stanziate a Bruxelles. Se l’Italia non riuscisse a rispettare queste scadenze, ipotesi tutt’altro che remota, buona parte delle risorse tornerebbe a Bruxelles.
E il quadro emerso dal rendiconto di metà anno è tutt’altro che confortante: l’Agenzia per la Coesione Territoriale ha infatti reso noto che su un totale di 51 programmi operativi 19 non hanno raggiunto il target. Nel complesso, la spesa che è stata certificata alla Commissione si attesta leggermente al di sotto di 4,5 miliardi per un totale corrispondente di 2,8 miliardi di rimborsi dal bilancio comunitario UE: entro la fine dell’anno dovranno essere richiesti a Bruxelles circa 2,5 miliardi di euro, poco meno dellea metà.
La situazione è, naturalmente, molto diversificata. Come nota Il Sole 24 Ore in un approfondimento, infatti, sommando le situazioni di ritardo con quelle in cui il target è stato raggiunto, emerge che l’obiettivo di rimborsi da chiedere è stato addirittura superato di 203 milioni. Ciononostante né il quadro generale, né la situazione specifica di alcuni Programmi sono rassicuranti. È il caso, ad esempio, del Fondo Sociale Europeo (FSE), in particolare per alcune regioni come Sicilia e Calabria.
La stessa Agenzia per la Coesione sottolinea che il ritardo di certificazione di alcuni Programmi è conseguenza delle complessità sia organizzative che operative delle procedure e delle regole europee. Questo non può tuttavia distogliere l’attenzione da un cronico e particolare deficit italiano di capacità nel portare avanti i progetti, un problema nella gestione dei fondi comunitari non nuovo per istituzioni e imprese italiane. Un atteggiamento che deve cambiare per poter sfruttare a pieno le opportunità dei fondi comunitari.